Con il termine poteri universali si definiscono il Papato ed il Sacro Romano Impero, le due massime autorità politiche e spirituali. Questi due poteri, a partire dal Dictatus Papae di papa Gregorio VII , furono sempre in aperto conflitto per ottenere il primato assoluto. Il teatro dello scontro fu quasi sempre la penisola italiana. L'ultimo sogno universalistico, riportato in auge da Carlo V d'Asburgo in età rinascimentale, si infranse davanti alla divisione dell'impero ed all'accanita opposizione del più potente dei nuovi stati nazionali, il Regno di Francia.
Il termine Sacro Romano Impero risale all'epoca di Federico Barbarossa e si riferisce a quell'organismo politico nato all'epoca di Carlo Magno e risorto, dopo la propria dissoluzione nel corso dei secoli IX e X, ad opera di Ottone I (962). Il nuovo impero risultava ridimensionato rispetto a quello carolingio, poiché aveva perso la maggior parte della Francia e la propria influenza in Spagna, nell'Italia meridionale. La sua struttura organizzativa, inoltre, era cambiata: il potere centrale era venuto meno, i vassalli, in seguito al Capitolare di Quierzy ed alla Constitutio de feudis, trasmettevano i propri poteri in linea ereditaria e non venivano più scelti personalmente dall'Imperatore (tutto questo rappresentava un evidente segno dell'indebolimento dell'Impero).
I territori papali, nel Medioevo, non costituivano il centro delle attenzioni del papa. Come guida della Cristianità, infatti, egli cercava di ottenere il controllo su tutte le decisioni della politica europea (alcuni esempi sono le crociate ed il fenomeno della pace di Dio) e, per far ciò, doveva necessariamente essere riconosciuto come autorità suprema nel continente. Il soglio di Pietro, in questo periodo, venne occupato da personalità come papa Gregorio VII, autore del Dictatus Papae, documento che riconosceva al pontefice l'autorità suprema su tutti i Cristiani, le prerogative di incoronare e deporre imperatori e monarchi ed il controllo assoluto sulla Chiesa, Innocenzo III, pontefice teocratico per antonomasia, e Bonifacio VIII, l'ultimo energico assertore della supremazia temporale del pontefice.
L'autorità papale poggiava prima di tutto sul prestigio spirituale, poi sul potere di scomunica e di interdetto (strumenti efficacissimi all'epoca) ed in ultimo luogo sulla debolezza dell'autorità imperiale, l'unica che, per prestigio e per forza reale, potesse competere con quella papale. I papi, inoltre, poterono sempre contare sulla frammentazione dei territori del Nord Italia (che, come tutti quelli imperiali, erano divisi in una miriade di feudi e di comuni) e sulle lotte di potere interne all'Impero.
Il primo motivo di scontro tra papato e impero fu la questione dei vescovi-conti imperiali. La nomina di vescovi a conti era un espediente per evitare l'ereditarietà dei feudi. Gli Ottoni decisero di sfruttare questi ecclesiastici per recuperare ciò che era sembrato perso per sempre con la constitutio de feudis, cioè la possibilità per il sovrano di riottenere il pieno controllo del feudo alla morte del feudatario. I vescovi, infatti, secondo i nuovi rigidi dettami della riforma gregoriana, non avrebbero potuto mettere al mondo eredi (veniva quindi imposto definitivamente il celibato ecclesiastico) e, di conseguenza, avrebbero garantito che il feudo, alla morte del beneficiario, tornasse all'imperatore.
I sovrani, tuttavia, non si volevano limitare all'investitura feudale dei prelati, ma si arrogavano anche il diritto di concedere i titoli ecclesiastici, incarico che, secondo la Chiesa, sarebbe dovuto spettare solo al Papa. I due poteri, quindi, si scontrarono violentemente sulla questione. Il protagonista dello scontro fu l'imperatore Enrico IV che, per via dell'aperto conflitto col pontefice Gregorio VII, fu addirittura scomunicato e costretto ad umiliarsi davanti al Papa presso il castello di Canossa pur di vedersi rimettere l'anatema. Si raggiunse un compromesso solo nel 1122, col Concordato di Worms, accordo secondo il quale l'imperatore avrebbe avuto il compito esclusivo di concedere il beneficio, mentre il Papa avrebbe avuto la prerogativa esclusiva di assegnare il titolo vescovile.