I pensatori pluralisti: Empedocle, Anassagora Sommario: 1. Il pluralismo. - 2. Empedocle. - 3. Anassagora. - 4. Il Nous.
Alla filosofia eleatica dell’unità dell’Essere, che si coglie col puro pensiero, segue la rivendicazione del pluralismo, della molteplicità che i sensi continuamente ci offrono. Assistiamo allo sviluppo di una filosofia che sembra riprendere quella della scuola ionica, più legata all’esperienza concreta, sensibile, ma che è diversa e più profonda, in quanto risente del più rigoroso modo di ragionare della scuola eleatica: con Empedocle. Anassagora e Democrito assistiamo a tentativi di spiegare non solo l’immutabile e invisibile sostanza della realtà, ma anche il suo continuo presentarsi in forme molteplici; non solo la permanenza, l’essere di Parmenide, ma anche il divenire di Eraclito. C’è nei pensatori pluralisti una rivalutazione dell’esperienza sensibile, ma non disgiunta dell’intuizione che al di là del mutevole e del transitorio c’è qualcosa di permanente.
Empedocle di Agrigento (nato verso il 492 a.C.) ribadisce la convinzione dell’eternità e indistruttibilità dell’essere, ma la riferisce a quattro radici (rizomata), che sono poi i quattro elementi: acqua, aria, terra, fuoco. Questi sono eterni, ma si uniscono e mescolano fra di loro in vario modo. Sono eterni, ma le loro aggregazioni, cioè le singole cose esistenti, sono temporanee.
Secondo Plutarco, Empedocle avrebbe affermato:
L’unione degli elementi è la nascita delle cose, la loro separazione è la morte. Due forze cosmiche danno luogo all’unione o alla separazione: //Filótes// (amore, amicizia) e //Neícos// (odio, discordia, contesa).
L’azione di queste forze si avvicenda nel tempo, dando luogo a periodi di equilibrio, di pace, e periodi di disgregazione, di guerra: «a vicenda predominano nel tempo che compie il suo corso».
La fase in cui domina l’Amore è quella dello Sfero (termine che ricorda la compatta unità della realtà di Parmenide), in cui tutti gli elementi sono legati in completa armonia, ma in cui tutto è indistinto. Segue l’irrompere della Discordia che spezza quest’armonia, ma non ha una funzione soltanto negativa, in quanto produce la pluralità delle cose di cui abbiamo esperienza. Il proseguire dell’azione della Discordia porta però a una disgregazione assoluta, alla rottura di ogni unità, sia pure parziale, al caos: prevale il dominio dell’odio.
L’Amore però non è sconfitto, riprende gradualmente la sua azione, riconcilia gli elementi, unisce di nuovo quello che è diviso e riporta allo sfero originario, da cui scaturirà un nuovo ciclo cosmico. La figura di Empedocle, che, oltre che come filosofo, viene presentato nelle fonti critiche come scienziato, medico-guaritore, mago, ha ispirato al poeta tedesco Friedrich Hölderlin (1770-1843) il poema intitolato appunto La morte di Empedocle, in cui viene ripresa l’esaltazione dell’amore come forza cosmica che si alterna nel suo dominio del mondo con Neicos:
La suggestiva teoria empedoclea dei due principi in perpetua lotta fra loro viene ripresa anche dal fondatore della psicanalisi, Sigmund Freud, che nel suo saggio Analisi terminabile e interminabile, così scrive del filosofo di Agrigento:
Di Empedocle ci sono giunti anche frammenti di un poema intitolato Purificazioni, di ispirazione orfico-pitagorica (d’altra parte Hegel, sulla scorta di Diogene Laerzio, nelle sue lezioni di storia della filosofia introduce direttamente Empedocle come un pitagorico). Nelle Purificazioni Empedocle sembra ripetere il tema della necessità dell’espiazione di una colpa che si sia commessa; se qualcuno usa la violenza, facendo prevalere in sé la forza dell’odio, è «vaticinio del Fato» che «vada errando tre volte diecimila stagioni lontano dai beati, e rinascendo nel tempo in ogni forma di essere mortali, muti i penosi sentieri della vita». Sembra quindi alludere alla metempsicosi di ascendenza pitagorica.