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Zenone di Elea

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ZENONE e i paradossi

I paradossi di Zenone sono paradossi proposti da Zenone di Elea, discepolo e amico di Parmenide, tesi a dimostrare, nonostante le apparenze della vita quotidiana, l’impossibilità della molteplicità e del moto, allo scopo di sostenere l’idea del maestro che la realtà è costituita da un Essere unico e immutabile. Ci sono stati tramandati attraverso la citazione che ne fa Aristotele nella sua Fisica.

Le argomentazioni di Zenone costituiscono forse i primi esempi del metodo di dimostrazione noto come reductio ad absurdum o dimostrazione per assurdo. Sono anche considerate un primo esempio del metodo dialettico, usato in seguito dai sofisti e da Socrate, e inoltre furono il primo strumento che mise in difficoltà l’ambizione dei pitagorici di ridurre tutta la realtà ai numeri. Oggi non si attribuisce valore fisico alle argomentazioni di Zenone, ma la loro influenza è stata molto importante nella storia del pensiero matematico e filosofico. Sono giunti fino a noi due paradossi contro il pluralismo e quattro contro il movimento.

Paradossi contro il pluralismo (o la molteplicità)

Primo paradosso

Il primo paradosso, contro la pluralità delle cose, sostiene che se le cose fossero molte, esse sarebbero allo stesso tempo un numero finito e un numero infinito (il che è assurdo). La sua idea è che:

  • Se esistono molte cose, allora devono essere finite in numero, perché possiamo contare un certo numero di oggetti.
  • Tuttavia, tra ogni oggetto e un altro c’è sempre un terzo oggetto (come tra due punti c’è sempre un punto intermedio), il che implica che esistano infinite cose.

Questa contraddizione tra finitezza e infinità suggerisce, per Zenone, che l’idea stessa di pluralismo è assurda.

Secondo paradosso

Zenone sostiene che se le cose fossero veramente molte, allora ogni cosa dovrebbe essere infinitamente divisibile, e questo porta a una contraddizione. Il suo ragionamento è il seguente:

Se un oggetto è divisibile in parti, allora ogni parte dovrebbe essere ulteriormente divisibile, all’infinito.

  • Se ogni cosa è divisibile in parti infinitamente piccole, quelle parti non avranno dimensioni. Ma se qualcosa è fatto di parti senza dimensioni, allora non può avere dimensione neanche l’intero.
  • D’altra parte, se queste parti hanno una dimensione, allora dovrebbero avere un numero infinito di parti con dimensioni finite, il che renderebbe l’oggetto infinitamente grande.

In entrambi i casi (dimensioni infinitamente piccole o infinite), è assurdo. Quindi, secondo Zenone, il pluralismo non può essere vero.

Paradossi contro il movimento

I paradossi sul movimento sono essenzialmente tesi a dimostrare la sostanziale apparenza del moto e, implicitamente, il fatto che la realtà fisica sarebbe continua e non discontinua, difendendo le idee del suo maestro Parmenide.

Primo parodosso (lo stadio, o della dicotomia)

Il primo argomento contro il movimento è quello sullo stadio.

Esso afferma che non si può giungere all’estremità di uno stadio senza prima aver raggiunto la metà di esso, ma prima di raggiungerla si dovrà raggiungere la metà della metà e così via senza quindi mai riuscire nemmeno a iniziare la corsa.

Il paradosso sarebbe dunque molto simile a quello di Achille e la tartaruga (che è una formulazione più suggestiva della dicotomia all’infinito) e meno simile a quello della freccia (nel quale è dimostrata l’impossibilità dell’inizio del movimento).

Secondo paradosso (Achille e la tartaruga)

Il Paradosso di Achille e la tartaruga - uno dei paradossi di Zenone più famosi - afferma che se Achille (detto “piè veloce”) venisse sfidato da una tartaruga nella corsa e concedesse alla tartaruga un piede di vantaggio, egli non riuscirebbe mai a raggiungerla, dato che Achille dovrebbe prima raggiungere la posizione occupata precedentemente dalla tartaruga che, nel frattempo, sarà avanzata raggiungendo una nuova posizione che la farà essere ancora in vantaggio; quando poi Achille raggiungerà quella posizione nuovamente la tartaruga sarà avanzata precedendolo ancora. Questo stesso discorso si può ripetere per tutte le posizioni successivamente occupate dalla tartaruga e così la distanza tra Achille e la lenta tartaruga pur riducendosi verso l’infinitamente piccolo non arriverà mai a essere pari a zero.

Terzo paradosso (la freccia)

«Il terzo argomento ora menzionato, è quello che sostiene che la freccia in movimento sta ferma. Questa tesi deriva dalla supposizione che il tempo sia costituito di istanti: se non si ammette questo, il ragionamento non regge. - Zenone commette un paralogismo; se, infatti - egli argomenta - ogni cosa o è in quiete o è in movimento, e nulla si muove quando sia in uno spazio uguale a sé, e poiché ciò che si muove occupa sempre in ogni istante uno spazio uguale a sé, allora la freccia che si muove è immobile..» (DK A27)

Il terzo argomento è quello della freccia, che appare in movimento ma, in realtà, è immobile. In ogni istante difatti essa occuperà solo uno spazio che è pari a quello della sua lunghezza; e poiché il tempo in cui la freccia si muove è fatto di singoli istanti, essa sarà immobile in ognuno di essi.

Il concetto di questo terzo paradosso è in fondo opposto a quello del secondo: l’esistenza di punti e istanti indivisibili. Ma anche in questo caso il movimento risulta impossibile, in quanto dalla somma di istanti immobili non può risultare un movimento.

La freccia in quiete e quella in movimento occupano lo stesso spazio e quindi appaiono indistinguibili fra loro e rispetto allo spazio attraversato. L’argomento precorre il principio di relatività galileiana del moto secondo il quale un osservatore che si muove alla stessa velocità del corpo osservato non è in grado di discernere se sia in quiete o in movimento.

Il moto della freccia è infatti percepibile solo dagli occhi di un sistema di riferimento non solidale, che lo misura integralmente dal punto di partenza. L’argomento di Zenone invece valuta il moto della freccia istante per istante in relazione allo spazio percorso, come una sequenza di immagini catturate istante per istante. Il paradosso è stato risolto secoli dopo col calcolo infinitesimale.

Quarto paradosso (due masse nello stadio)

Zenone afferma che se due masse in uno stadio si vengono incontro, risulterà l’assurdo logico che la metà del tempo equivale al doppio.

Vediamo un esempio. In un campo da calcio due giocatori, A e B corrono uno incontro all’altro, ciascuno alla stessa velocità di, diciamo, 10 Km/h. Il giocatore C, invece, è fermo a bordo campo e osserva la scena.

Velocità percepita dai giocatori in corsa:

Dal punto di vista di A, B si sta avvicinando a lui a una velocità apparente doppia, cioè a 20 metri al secondo. Questo perché A vede B correre verso di lui a 10 Km/h, mentre anche lui stesso sta correndo nella direzione opposta a 10 Km/h. La loro velocità combinata risulterebbe essere di 20 Km/h. Lo stesso naturalmente accade per B.

Velocità percepita dal giocatore fermo

C, che è fermo a bordo campo, vede entrambe le velocità nel loro valore reale: A e B corrono ciascuno a 10 Km/h. C, essendo fermo, non percepisce la combinazione delle velocità, ma solo la velocità individuale di ogni giocatore.

Secondo Zenone tutto questo crea una contraddizione:

Come può la stessa situazione produrre due percezioni diverse del movimento? Questa apparente differenza tra le velocità percepite sottolinea per Zenone che il concetto di movimento, in sé, potrebbe essere illusorio o mal compreso. Se il movimento fosse reale e assoluto, non ci dovrebbero essere discrepanze nella percezione delle velocità.

I paradossi nei tempi moderni

I processi infiniti rimasero teoricamente problematici in matematica fino alla fine del XIX secolo. Con la definizione di limite Weierstrass e Cauchy svilupparono una formulazione rigorosa della logica e del calcolo coinvolti. Questi lavori risolsero il problema della matematica inerente processi infiniti.

Il dibattito sulla questione se i paradossi di Zenone siano stati risolti o meno è ancora in essere. In ‘’The History of Mathematics: An Introduction’’ (del 2010), Burton scrive: «sebbene l’argomento di Zenone confondesse i suoi contemporanei, una spiegazione soddisfacente incorpora un’idea ormai familiare, la nozione di ‘serie infinita convergente’».

Bertrand Russell ha offerto una “soluzione” ai paradossi basata sul lavoro di Georg Cantor, ma Brown conclude che «data la storia delle ‘soluzioni ultime’, da Aristotele in poi, è probabilmente avventato pensare che siamo arrivati alla fine. Può darsi che gli argomenti di Zenone sul movimento, per la loro semplicità e universalità, servano sempre come una sorta di “immagine di Rorschach” sulla quale le persone possono proiettare le loro preoccupazioni fenomenologiche più fondamentali (se ne hanno) ».

Come si può vedere, questi paradossi sono stati utili per sviluppare molti concetti alla base della matematica e della fisica moderne, e non si dovrebbe liquidarli banalmente. Persino nella meccanica quantistica riecheggia il nome di Zenone nel cosiddetto Quantum Zeno effect (effetto Zenone quantistico), che, riprendendo metaforicamente il paradosso della freccia, afferma che un sistema, che decadrebbe spontaneamente, è inibito o addirittura non decade affatto se sottoposto a una serie infinita di osservazioni (o misure).

Fonti

Tratto da Wikipedia, l’enciclopedia libera. https://it.wikipedia.org/wiki/ParadossidiZenone#Primoparadosso(lostadio,odelladicotomia)

Attribuzioni

The dichotomy - By Miranche - Own work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=55976282

Achilles and the tortoise - By Martin Grandjean - Own work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=39999636

The arrow - By Martin Grandjean - Own work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=39999639

Due masse nello stadio - Di Riccardozacc - Opera propria, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=27139325

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