E’ necessario ripercorrere, a grandi tratti, la storia del regno di Carlo V, per arrivare a comprendere quello che succede dopo.
Nella prima metà del Cinquecento Carlo d’ Asburgo appena sedicenne si trovò a ereditare dalla madre Giovanna la Pazza, figlia di Isabella di Castiglia e di Ferdinando d’Aragona, l’impero spagnolo, un vasto territorio che comprendeva la Spagna, territori nell’Italia meridionale, la Sardegna e territori del Nuovo Mondo. Alla morte del nonno Massimiliano d’ Asburgo ereditò anche i domini asburgici in Austria, più la Franca Contea, le Fiandre e i Paesi Bassi, ottenuti in eredità dalla nonna, Maria di Borgogna. Carlo poteva dunque legittimamente aspirare alla carica imperiale.
Naturalmente questa concentrazione di potere spaventava la Francia che cercò di proporre alla carica di imperatore il suo sovrano Francesco I (1515-1574) ma tale candidatura non trovò supporto nei principi elettori tedeschi che, per tradizione, non volevano un imperatore di stirpe non tedesca e si lasciarono condizionare dalla forza militare degli Asburgo. Inoltre i principi elettori vennero pagati dai banchieri Fugger e Welser per sostenere la candidatura di Carlo il quale fu eletto imperatore nel 1519 e assunse il nome di Carlo V.
L’incoronazione si svolse ad Aquisgrana, secondo la tradizione imperiale, e Carlo divenne sovrano di un impero così esteso che su di esso “non tramontava mai il sole’, come egli stesso ripeteva. La debolezza dell’impero consisteva proprio nella eterogeneità delle popolazioni che vi facevano parte, geograficamente lontane e culturalmente diverse.
L’imperatore ebbe il primo scontro con i comuneros spagnoli; le comunità delle principali città spagnole infatti non volevano essere sottoposte a un sovrano che non risiedeva in Spagna e offrirono la corona a Giovanna la Pazza. La rivolta fu repressa dall’aristocrazia spagnola che, al contrario, nella lontananza del re vedeva ampi margini di autonomia. L’ altro conflitto molto più complesso si verificò a causa della Francia che soffriva l’accerchiamento imperiale come una limitazione al proprio desiderio di egemonia.
Questo conflitto che si protrasse per quasi 40 anni, dal 1521 al 1559. si tradusse in una lotta per il dominio dell’Italia, territorio strategico dal punto di vista geografico, perché era la naturale via di comunicazione tra i possedimenti spagnoli e quegli asburgici. L’Italia fu il campo di battaglia in cui le forze avverse si affrontarono con due momenti storici drammatici: il Sacco di Roma e l’assedio di Firenze.
Nella prima fase del conflitto Carlo V occupò il ducato di Milano per sottrarlo al dominio francese, riportando una vittoria a Pavia, nella quale il sovrano francese in persona venne catturato e quindi obbligato a firmare la pace di Madrid.
Dopo dodici mesi il re francese formò un’alleanza con i principi degli Stati italiani egemoni nella penisola e con il papa Clemente VII (15231534), appartenente alla famiglia dei Medici.
Carlo V per punire il pontefice ordinò a 14.000 lanzichenecchi, soldati mercenari svizzeri, nemici del papato e fedeli a Lutero, di arrivare a Roma. Probabilmente per un ritardo nei pagamenti da parte di Carlo V i lanzichenecchi nella sede pontificia si abbandonarono al saccheggio e alla devastazione, avvenimento che destò grande sgomento e scandalo in tutta l’Europa cristiana. Il Papa si arrese e si rifugiò a Castel Gandolfo deluso anche per la cacciata dei Medici da Firenze.
A quel punto fu costretto ad intavolare delle trattative con l’imperatore e firmò il trattato di Barcellona nel giugno del 1529 mentre Francesco I firmò la pace di Cambrai il 5 agosto 1529, cui si impegnava a rinunciare a Milano dove rientrava Francesco II Sforza, figlio di Ludovico il Moro.
Carlo V contribuì al rientro dei Medici a Firenze che, assediata per oltre dieci mesi, combatté con strenua e tenace resistenza grazie anche alle fortificazioni erette su progetto di Michelangelo Buonarroti (1475-1564), ma alla fine fu costretta a cedere e, nel 1530, dovette assistere al ritorno di Alessandro dei Medici (1532-1564), nipote del Papa nominato duca dall’imperatore tedesco. La repubblica fiorentina si trasformò definitivamente in un principato.
Alla morte di Francesco Sforza, Carlo V riprese il controllo del Ducato di Milano mentre Francesco I, per contrastare il potere imperiale, aveva rafforzato l’esercito e stretto un’alleanza con i turchi e con il loro signore Solimano il Magnifico che minacciava Vienna ed altri territori. Era la prima volta che un re cattolico stipulava un’alleanza con un sultano musulmano. Fu particolarmente controversa per il suo carattere “inedito” e suscitò forti reazioni nell’Europa cattolica, poiché l’idea di una collaborazione tra un re cristiano e un sovrano musulmano era vista come un tradimento della cristianità. Nonostante ciò, l’alleanza franco-ottomana durò per oltre due secoli, contribuendo a modificare il panorama geopolitico del Mediterraneo e dell’Europa, e dimostrò la crescente importanza delle alleanze strategiche che trascendevano le barriere religiose.
Questo costringeva Carlo V a combattere su più fronti pertanto nessun cambiamento sostanziale avvenne nell’equilibrio tra le potenze europee che dopo scontri sanguinosi arrivarono alla pace di Crépy (1544).
Nel 1552 Enrico II successe a Francesco I e continuò la politica di alleanze con i principi protestanti. In un nuovo conflitto l’imperatore, sfuggito miracolosamente alla cattura, fu costretto nel 1555 a firmare la pace di Augusta con cui permetteva ai principi protestanti di rispettare la religione da loro professata e l’esercizio della fede decisa. Tutto questo veniva sancito dal principio del “cuius regio, eius religio” (tradotto dal latino: “di chi è il regno, di quella è la religione”) stabiliva che il sovrano di uno Stato aveva il diritto di determinare la religione ufficiale del proprio territorio, e i sudditi dovevano conformarsi a quella scelta religiosa o emigrare.
Nel 1556 Carlo V abdicò e divise i suoi territori. Suo figlio Filippo II (1527-1598 ) ereditò la Spagna, i Paesi Bassi, i domini in Italia e in America. Il fratello di Carlo, Ferdinando I (15561564) ebbe i territori asburgici, la Boemia e l’Ungheria oltre alla Corona di imperatore.
Il conflitto tra i due successori di Carlo V e i francesi continuò anche grazie alle mire del papa Paolo IV di Carafa che intendeva arginare il controllo spagnolo sull’Italia meridionale.
Solo la pace di Cateau-Cambrésis, nel 1559, affermò l’egemonia spagnola in Italia perché ottenne il Ducato di Milano, il Regno di Napoli, la Sicilia e la Sardegna, guidate da un viceré. La penisola italiana era dunque per metà dominata dagli spagnoli mentre la Francia, almeno per il momento, sembrava essere stata messa fuori gioco.
Nel 1556 salì dunque al trono spagnolo Filippo II che regnerà fino alla sua morte, avvenuta nel 1598. La Spagna era al culmine della sua potenza avendo tra i suoi domini le colonie americane, i Paesi Bassi, la Franca Contea, i possessi in Italia e, nel 1580, anche il Portogallo.
Il nuovo sovrano concepiva il potere in senso nazionalista fondato su uno Stato accentratore ed una rete di burocrazia assolutamente efficace.
La residenza imperiale fu stabilita a Madrid dove fu eretto un grande complesso residenziale chiamato Escorial, nel quale il sovrano trascorse la sua esistenza e dal quale sovrintendeva all’organizzazione del suo regno e controllava anche la Chiesa, usando la prerogativa di scegliere personalmente i vescovi.
Nell’esercizio della sovranità si fece affiancare dai Consigli come il Consiglio di Guerra e il Consiglio di Stato, che si occupava di politica estera, i Consigli di Castiglia, delle Indie e d’Italia. Importantissima era la funzione del Consiglio dell’Inquisizione che diventò un vero e proprio strumento di repressione religiosa e politica. Nelle province il re si avvaleva di funzionari che compravano le cariche pubbliche ed erano utilizzati per la riscossione delle tasse, attività attraverso la quale riuscivano a recuperare anche le somme da loro investite per l’acquisto della stessa carica.
Importante era il ruolo delle Cortes, assemblee di rappresentanti eletti dai tre ordini sociali, la nobiltà il clero e i rappresentanti cittadini, che potevano presentare richieste al sovrano e dare o no il loro assenso in merito alla tassazione.
Il periodo intercorso dalla metà del XVI secolo alla metà del XVII secolo è chiamato il siglo de oro (il secolo d’oro), termine che si riferisce ad un periodo di straordinario sviluppo culturale, letterario e artistico in Spagna, In questo contesto rifiorirono le arti grazie a personaggi come i pittori Jeronimus Bosch (1450 ca.-1516), El Greco (1541-1614), Pieter Paul Rubens (15771640), il drammaturgo Lope de Vega (1562-1635) e il famosissimo Miguel de Cervantes (1547-1616), che scrisse l’opera Don Chisciotte della Mancia.
Il rovescio della medaglia di questa situazione fu una generalizzata arretratezza dal punto di vista sociale ed economico. Le attività agricole erano legate al latifondo e la mancanza d’innovazioni incise sulla produttività, limitata anche dall’aumento delle importazioni. L’aristocrazia si dedicava esclusivamente alla carriera politica, militare ed ecclesiastica mentre le imprese manifatturiere, non riuscendo a reggere la concorrenza, invece di essere supportate con gli ingenti capitali che arrivavano dalle colonie furono costrette a chiudere mentre aumentavano le importazioni di prodotti dagli altri paesi europei.
Il sovrano per tre volte fu costretto a dichiarare la bancarotta e a chiedere prestiti ai banchieri europei, con interessi elevatissimi.
L’intolleranza fu rivolta soprattutto contro gli ebrei convertiti: i conversos, e i musulmani o moriscos. Già nel 1492 entrambe queste categorie sociali erano state costrette a scegliere se convertirsi o lasciare il Paese; la repressione da parte dell’Inquisizione nel 1567, con leggi che limitavano i loro diritti condusse successivamente alla loro espulsione.
L’obiettivo perseguito da Filippo II di conseguire un’egemonia continentale, si scontrò contro alcuni ostacoli. Il primo fu la pirateria saracena che depredava regolarmente le navi in transito nel Mediterraneo, soprattutto lungo le coste dell’Africa settentrionale. Nonostante l’impegno del sovrano spagnolo tale attività illegale non fu estirpata.
Il secondo obiettivo fu arginare il pericolo dell’egemonia dei turchi ottomani che già in possesso dell’area del Mediterraneo orientale avevano l’intenzione di espandersi verso occidente. L’occupazione di Cipro, possesso di Venezia, fu il campanello d’allarme che sollecitò la costituzione di una Lega santa di cui fecero parte Spagna, Venezia, Genova e Malta insieme ad altri stati. La flotta guidata da Giovanni d’Austria, fratello del sovrano spagnolo, inflisse ai turchi una durissima sconfitta a Lepanto, il 7 ottobre 1571.
La battaglia di Lepanto fu sicuramente un’importante vittoria simbolica per l’Europa cristiana e contribuì a frenare temporaneamente l’avanzata ottomana nel Mediterraneo. Tuttavia, da un punto di vista strategico e territoriale, il suo impatto fu più limitato di quanto inizialmente celebrato. Gli Ottomani si ripresero rapidamente e mantennero il loro controllo su gran parte del Mediterraneo orientale, e il dominio spagnolo nel Mediterraneo non fu mai pienamente consolidato.
Filippo II voleva centralizzare il potere e rafforzare il controllo sui territori sotto il suo dominio, tra cui i Paesi Bassi che erano una delle regioni più ricche e sviluppate d’Europa. Questa politica si scontrava però con il fatto che nei secoli precedenti i Paesi Bassi avevano goduto di una certa autonomia e libertà.
Inoltre Filippo II, convinto difensore del cattolicesimo, non poteva accettare il crescente successo delle idee della Riforma protestante nei Paesi Bassi, in particolare del calvinismo. Egli impose un rigido controllo religioso e una violenta repressione delle eresie.
Le guerre contro la Francia e l’Impero Ottomano costrinsero Filippo II a imporre tasse elevate. L’aumento della pressione fiscale colpì duramente l’economia dei Paesi Bassi, già in fermento per le tensioni religiose e politiche. La combinazione di centralizzazione, repressione religiosa e oppressione fiscale provocò crescente malcontento.
Nel 1566 scoppiò una serie di rivolte popolari conosciute come il “Tumulto dei pezzenti” (Beeldenstorm), in cui folle di protestanti distrussero immagini e simboli cattolici nelle chiese. Filippo II rispose inviando il Duca d’Alba, un generale spagnolo, per reprimere la ribellione. Il duca instaurò un governo militare e creò il “Consiglio dei torbidi” (noto anche come “Tribunale del Sangue”), che perseguitò migliaia di ribelli protestanti e giustiziò diversi leader nobili.
Questo regime di terrore non fece altro che rafforzare l’opposizione. Nel 1568, il nobile Guglielmo d’Orange (detto il Taciturno) guidò la resistenza militare contro il dominio spagnolo, dando avvio alla vera e propria Guerra degli ottant’anni (1568-1648).
Il conflitto fu segnato da una serie di campagne militari, sia terrestri che navali. I ribelli olandesi, noti come i “Pezzenti del mare”, giocarono un ruolo cruciale, conquistando città portuali strategiche. Nel 1572, Guglielmo d’Orange venne proclamato Statolder (governatore) di alcune province ribelli, e questo segnò l’inizio della separazione de facto tra le province settentrionali e il dominio spagnolo.
Filippo II e i suoi successori tentarono ripetutamente di sconfiggere i ribelli con massicce operazioni militari, ma la resistenza olandese, unita al sostegno di potenze come l’Inghilterra e la Francia, mantenne viva la lotta.
Nel 1579, alcune province settentrionali si unirono nella Unione di Utrecht, un’alleanza volta a resistere all’autorità spagnola e a promuovere la tolleranza religiosa. Questo atto gettò le basi per la futura indipendenza dei Paesi Bassi. Nel 1581, queste province dichiararono ufficialmente la loro indipendenza dalla Spagna con l’Atto di abiura.
La guerra continuò per decenni, ma nel 1648, con la Pace di Vestfalia, la Spagna riconobbe finalmente l’indipendenza delle Province Unite, ponendo fine alla guerra e consolidando la nascita dei Paesi Bassi come nazione sovrana.
Le Province Unite rappresentano uno dei primi esempi di uno Stato che si forma attraverso una rivoluzione e una secessione da un potente impero. Venne adottato un modello repubblicano, molto diverso dalle monarchie assolute dominanti in Europa all’epoca. Il loro sistema politico si basa su una confederazione di province, ciascuna con una significativa autonomia, e sul ruolo del Statolder, una sorta di governatore che aveva funzioni esecutive, ma non monarchiche. Questo esperimento repubblicano ispirò successivamente altri movimenti rivoluzionari, tra cui quelli in Inghilterra (Rivoluzione inglese) e in America (Rivoluzione americana).
Anche se non del tutto priva di conflitti religiosi, la Repubblica delle Province Unite si distingue per un certo grado di tolleranza religiosa. Nonostante il calvinismo fosse la religione ufficiale, nel nuovo Stato c’era una relativa libertà per altre confessioni cristiane, e persino per gli ebrei. Molti esuli religiosi emigrarono verso i Paesi Bassi (es. la famiglia del filosofo Baruch Spinoza) e contribuì a creare un ambiente culturale e intellettuale fiorente.
La Repubblica delle Province si trasformò presto in una potenza economica mondiale durante il XVII secolo. La Repubblica diventa il centro del commercio marittimo globale, grazie alla sua flotta mercantile, alle Compagnie Olandesi delle Indie Orientali e Occidentali e alla sua leadership nella finanza. Amsterdam diventa uno dei più importanti centri bancari e commerciali del mondo.
Questa crescita economica senza precedenti portò alla cosiddetta “Età dell’oro olandese”, un periodo di grande prosperità e fioritura culturale in cui artisti come Rembrandt e Vermeer lasciarono un’impronta indelebile nella storia dell’arte.
Lo stato inglese era stato centralizzato e potenziato da Enrico VIII che aveva inoltre operato lo scisma anglicano. Lo scisma anglicano si verificò nel XVI secolo, quando Enrico VIII si separò dalla Chiesa cattolica. Il conflitto iniziò perché il Papa Clemente VII rifiutò di annullare il matrimonio tra Enrico e Caterina d’Aragona, che non gli aveva dato un erede maschio. In risposta, Enrico dichiarò l’indipendenza della Chiesa d’Inghilterra dal controllo papale e si autoproclamò capo della nuova Chiesa anglicana nel 1534, con l’Atto di Supremazia. Questa rottura segnò una svolta religiosa e politica, creando una chiesa separata con dottrine e pratiche proprie.
A Enrico VIII successe il figlio, Edoardo VI, che regnò solo dal 1547 al 1553. Dopo di lui salì al trono Maria I Tudor, figlia di Caterina d’Aragona e di Enrico VIII.
Soprannominata la “Cattolica”, sposò Filippo II, figlio di Carlo V e cercò di restaurare nel suo paese il cattolicesimo vietando il Book of Common Prayer e facendo arrestare molti oppositori che mandò al rogo. È passata alla storia con l’appellativo di “Bloody Mary” cioè Maria la sanguinaria. Morì nel 1558 senza eredi e il trono passò alla figlia che Enrico VII aveva avuto con Anna Bolena, Elisabetta (1533-1603 ).
Nonostante la nuova regina fosse frutto di un matrimonio non ritenuto valido dalla Chiesa, nonché causa dello scisma, Filippo II non contrastò la nuova elezione e chiese invece la sua mano. Elisabetta rifiutò, restando nubile infatti è ricordata come “la regina vergine”.
La nuova regina operò una politica accentratrice del potere, promosse un processo di modernizzazione che permise una notevole crescita dell’economia. Scelse di professare il protestantesimo e per questo ripropose l’Atto di Supremazia. Il clima sociale risultò proficuo per la cultura infatti questo periodo espresse due grandi protagonisti della cultura inglese: W. Shakespeare (1564-1616 vedi ritratto) e C. Marlowe (1564-1593).
Nell’ambito economico fu perseguita la politica mercantilista e nel 1566 nacque la Borsa di Londra che sarebbe nel tempo diventata un punto nevralgico per gli scambi commerciali europei. Nel campo manifatturiero l’industria tessile fece da traino all’economia perché fin dal Trecento i tessuti inglesi erano famosi in tutta l’ Europa.
Il perno dell’economia inglese fu il commercio internazionale, grazie alla creazione delle Compagnie che detenevano il monopolio in un’area particolare. Tra queste spiccava la Compagnia delle Indie Orientali che avrebbe avuto, in seguito, grande fama.
Nell’epoca di Elisabetta era diffusa la pirateria e i corsari come Francis Drake e John Hawkins avevano una notevole fama. Essi assaltavano i vascelli spagnoli e portoghesi che ritornavano carichi di ricchezze dalle colonie americane, acquisendone il bottino e arricchendo le casse statali.
Drake poi si cimentò con la seconda circumnavigazione del globo mentre Walter Raleigh arrivato nel continente americano fondò la Virginia nel 1584, in onore della regina vergine.
In Scozia c’era sul trono la dinastia Stuart con la regina Maria che sposò il re di Francia Francesco II e, dopo essere rimasta vedova, tornò nel suo paese. La regina scozzese tentò di riportare il paese al cattolicesimo ma, di fronte alle numerose rivolte popolari, fu costretta a chiedere rifugio a Elisabetta lasciando sul trono una reggenza in attesa che suo figlio, Giacomo VI Stuart raggiungesse la maggiore età.
La regina Elisabetta rinchiuse la cugina in una torre e di fronte al tentativo di numerosi gruppi di cattolici inglesi di coalizzarsi con la regina scozzese per rinnovare una opposizione al protestantesimo, diede l’ordine che fosse giustiziata.
La morte di Maria Stuart indusse Filippo II ad armare nel 1588 una flotta potente la Invincibile Armata che, con 130 navi e 30000 uomini, si diresse verso i porti inglesi. Prima ancora di ingaggiare battaglia fu assalita dai pirati, messa in difficoltà da una violenta tempesta quindi costretta a ritirarsi.
Il conflitto tra i due sovrani continuò fino alla morte dei due protagonisti, Filippo II nel 1598 ed Elisabetta nel 1603. Se la potenza spagnola era ormai in declino quella inglese invece era destinata ad affermarsi in Europa.
Tratto e modificato da: Storia C3 - L’età moderna
Autori: Elisabetta Leonetti Revisione del testo: Rossella Perone
Aggiunta la parte su rivolta Paesi Bassi