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Età comunale

L’età comunale indica un periodo storico del Medioevo, contraddistinto dal governo locale dei Comuni, che riguardò alcune aree dell’Europa occidentale, tipicamente l’Italia settentrionale e centrale, ma anche - seppure con caratteri diversi - altre aree d’Europa.

Ma che cos’era il comune nel medioevo? Il comune medievale era una struttura politica che tutelava gli interessi degli abitanti di una città, spesso in contrapposizione con gli interessi del sovrano o del signore della città stessa. Ne facevano parte i cittadini maschi, maggiorenni, cristiani, che possedevano almeno la casa in cui abitavano e che pagavano una quota di denaro alla cassa del comune stesso. Anche se al giorno d’oggi viene spesso usata la parola “comune” nello stesso senso di “città” o “paese”, il comune medievale era una istituzione politica e organizzativa.

Il Comune di Siena rappresentato come un sovrano assiso sul trono, nell'Allegoria del Buon Governo di Ambrogio Lorenzetti

I comuni ebbero origine in Italia settentrionale e centrale attorno alla fine del XI secolo, sviluppandosi, in seguito, anche in alcune regioni della Germania centro-meridionale, in Francia e nelle Fiandre.

In Italia, culla della civiltà comunale, il fenomeno andò esaurendosi fin dagli ultimi decenni del XIII secolo e la prima metà del secolo successivo, con la modificazione degli equilibri politici interni, con l’affermazione sociale di nuovi ceti (aristocrazia, grande e piccola borghesia e plebe) e con la sperimentazione di nuove esperienze di governo (signoria cittadina). I primi Comuni richiedevano autonomia professionale, politica e amministrativa.

Il punto di partenza per comprendere la dinamica storica che accompagnò lo sviluppo del Comune in Italia e le lotte che esso dovette sostenere per affermarsi è il fatto che nella penisola italiana le città erano sottoposte all’autorità suprema dell’imperatore.

Cause della nascita dei comuni

La rinascita dell’anno Mille

L’incremento demografico dell’anno Mille portò alla formazione di nuovi centri urbani e alla rinascita di quelli esistenti. Così, la città tornava a essere, come nell’antichità, il centro propulsore della società civile. All’interno delle mura vennero a convivere uomini di estrazione sociale molto diversa: contadini inurbati in seguito all’eccedenza di manodopera nei campi, feudatari minori che cercavano di sottrarsi ai vincoli verso i grandi feudatari trasferendosi in città, oltre che notai, giudici, medici, piccoli artigiani e mercanti. Questi costituivano per eccellenza la classe dei “borghesi”, vale a dire di coloro che, non essendo nobili, traevano la propria prosperità dall’esercizio di arti o mestieri, avendo nella città il loro ambiente naturale.

Quindi, con la rinascita delle città nell’XI secolo e la ripresa delle attività artigianali, i nuovi ceti urbani ebbero l’esigenza di liberarsi dai vincoli feudali e dall’autorità imperiale, creando una nuova realtà politica: il Comune.

Molte città incominciarono a svilupparsi come organismi politici e amministrativi autonomi, ponendo sotto il proprio controllo le campagne circostanti: questi nuovi organismi prendono il nome di Comuni e consistono in vere e proprie città-Stato, con leggi e magistrature indipendenti dalla soggezione ai grandi feudatari.

Indebolimento autorità imperiale

In teoria, le città non potevano essere del tutto autonome, poiché erano soggette a organismi più vasti: o appartenevano ai grandi feudatari o erano sotto il diretto controllo del re o dell’imperatore. Ma in pratica in alcune zone dell’Europa, come nel nord-Italia o nelle Fiandre, il potere dell’Impero era debole e proprio in queste zone l’istituzione comunale poté svilupparsi.

Il Comune espresse quindi l’emancipazione dalla soggezione feudale, dando luogo a una profonda trasformazione sociale, caratterizzata dal rifiorire delle attività commerciali e dall’emergere della borghesia.

La situazione nel Sud dell’Italia

Se nell’Italia settentrionale e centrale il Comune si sviluppò precocemente, ben diversa fu la situazione della Sicilia e dell’Italia meridionale, dove si affermò nel XII secolo il regno dei Normanni, che divenne una delle principali potenze del Mediterraneo. Nel regno dei Normanni conservavanno grande importanza le istituzioni feudali e le tendenze autonomistiche dell’alta feudalità (i baroni) erano efficacemente controllate dalla corona. I Normanni avevano ereditato dagli arabi una efficace struttura amministrativa. Il regno dei Normanni, anche per la sua posizione geografica, godette di un periodo di grandissimo splendore: era uno Stato potente, con un forte esercito e una forte marina, che ben presto rivaleggiarono con le altre potenze del Mar Mediterraneo, gli arabi e i Bizantini.

E’ proprio il fatto del permanere delle istituzioni feudali e di un governo centralizzato con una efficace struttura amministrativa che impedì la formazione di Comuni nell’Italia del Sud. Tutto questo ebbe un risvolto negativo: mentre le città dell’Italia settentrionale si sviluppavano e conquistavano la loro autonomia (seppure a prezzo di scontri continui, interni per il potere ed esterni con i Comuni rivali), le città dell’Italia meridionale non poterono svilupparsi.

Organizzazione politica

I principi su cui si fondava l’istituzione comunale erano, in linea generale, opposti a quelli del feudalesimo. Mentre il mondo feudale (che era di origine germanica) fu agricolo e militare, e quindi “verticale” poiché fondato su una rigida gerarchia, il mondo comunale (che raccoglieva l’eredità della città-Stato antica) fu cittadino e mercantile, e quindi “orizzontale” poiché prevedeva la partecipazione al governo di tutti i cittadini, o quanto meno di una buona parte di essi, su un piano di sostanziale parità.

Riunione di mercanti in una miniatura del XIV secolo

Fase consolare (sec. XI-XII)

Il governo del Comune era basato su un Consiglio generale cittadino che eleggeva dei magistrati, detti consoli, incaricati della reggenza. Questi, in un primo momento, essendo privi di autorità, esercitavano il proprio ufficio in rappresentanza del vescovo:

Le città avevano continuato ad essere sedi di autorità ecclesiastiche e civili e, in qualche misura, centri politico-amministrativi e giudiziari. Ciò grazie in particolare all’autorità del vescovo e ai diritti di giurisdizione che aveva acquistato nei secoli X e XI sull’area urbana e suburbana. Intorno al vescovo, alla sua autorità, ai suoi organi di governo, nell’esercizio di quelle funzioni, si erano sviluppati inoltre ceti urbani diversi, definiti talora dalle fonti boni homines, che acquistarono influenza esercitando il governo insieme e per conto del vescovo1).

Non siamo in grado di conoscere con esattezza né data, né luogo di nascita dei Comuni. Sappiamo, da alcuni documenti dell’XI secolo che i primi rappresentanti delle collettività furono chiamati Boni homines o Consoli. In principio i Comuni si ponevano come delle magistrature provvisorie nate per risolvere problemi di un dato momento, formate proprio da “uomini buoni” di cui tutti si fidavano. I consoli prestavano giuramento di fedeltà davanti alla cittadinanza elencando i propri obblighi che, insieme a consuetudini scritte e leggi approvate dal Comune, formarono le prime forme di Statuti cittadini.

Tutti i cittadini che godevano di diritti urbani si riunivano nel Parlamento, che era l’organo fondamentale nella vita di un Comune. Per facilitarne la gestione, spesso quest’organo fu ridotto a una minoranza di individui, incominciando l’ascesa di quei gruppi che sarebbero divenuti dirigenti. Tutti i Comuni si assomigliarono per la presenza di una categoria di individui che godeva di maggiori diritti rispetto agli altri. Per poter partecipare al potere comune bisognava essere: maggiorenni, maschi, pagare una tassa di ammissione, possedere una casa. Ne erano invece esclusi le donne, i poveri, i servi, gli ebrei, i musulmani non convertiti e i “meteci”.

Nel corso del XII-XIII secolo tutti i comuni acquisirono un buon livello di controllo anche sulla campagna a loro circostante, attuando quel processo che è detto formazione del contado (comitatinanza) e che comprendeva il Districtus (campagne annesse) e il Comitatus (campagne che già in origine facevano capo al Comune).

Fase podestarile (sec. XIII)

Alla fase consolare seguì poi una fase detta podestarile: il podestà era funzionario di mestiere con compiti di amministrazione del territorio comunale. Essi erano veri e propri professionisti, con compiti ben definiti e stipendiati dal Comune, la cui preparazione veniva acquisita con lo studio del diritto nelle nascenti università. Normalmente veniva scelto un podestà proveniente da altre città per evitare favoritismi. Furono soprattutto le grandi famiglie di nobili a studiare e a specializzarsi per divenire podestà in modo da acquisire maggiore potere nel quadro del territorio comunale.

Il Palazzo del Podestà in Piazza Maggiore a Bologna

Durante l’età comunale nacquero anche le corporazioni delle arti e mestieri, associazioni di mercanti e artigiani riuniti secondo il mestiere che praticavano.

Espansione territoriale e crescita del potere comunale (XII-XIII secolo)

Man mano che i comuni si rafforzavano, cercavano di espandere il proprio controllo sulle aree circostanti, a scapito dei signori feudali. Alcune città diventarono vere e proprie potenze territoriali. Ad esempio, città come Milano, Firenze, Venezia e Genova iniziarono a estendere la loro influenza su vaste aree del territorio, ingaggiando spesso conflitti con città rivali. Questo periodo vide anche un aumento delle tensioni tra i comuni italiani e l'autorità imperiale (Sacro Romano Impero), culminando in battaglie come quella di Legnano nel 1176, dove la Lega Lombarda, una coalizione di comuni del nord Italia, sconfisse l'imperatore Federico Barbarossa.

Conflitti interni: Guelfi e Ghibellini (XIII secolo)

Un tratto distintivo dello sviluppo comunale fu la divisione tra due fazioni politiche rivali, i Guelfi (filo-papali) e i Ghibellini (filo-imperiali). Questa contrapposizione politica si diffuse in molte città italiane, causando guerre civili e lotte intestine. A Firenze, ad esempio, la lotta tra guelfi e ghibellini divenne particolarmente intensa, portando a continue rivoluzioni e cambiamenti nel governo. Questi conflitti non erano solo politici ma anche sociali, poiché coinvolgevano diverse classi economiche e gruppi familiari.

Il declino dell’autonomia comunale: Signorie e Stati regionali (XIV secolo)

Nel corso del XIV secolo, i comuni italiani iniziarono a indebolirsi a causa delle lotte interne, delle guerre esterne e delle tensioni sociali. Le istituzioni comunali divennero spesso preda di famiglie potenti, che instaurarono forme di governo più autoritarie, dando origine alle Signorie. Una Signoria era un regime politico in cui una singola famiglia o un signore assumeva il controllo del comune, spesso con il consenso delle classi dominanti. Esempi famosi di signori sono i Visconti a Milano, i Medici a Firenze e i Della Scala a Verona.

Con il passare del tempo, molti comuni persero completamente la loro autonomia, e l'Italia iniziò a essere dominata da grandi stati regionali. Il consolidamento del potere in queste grandi famiglie portò alla formazione dei primi stati regionali italiani, precursori degli stati moderni. In questa fase, le autonomie comunali furono progressivamente assorbite da questi nuovi regimi.

PER IL RIPASSO

1. Definizione e contesto storico:

  1. L'età comunale è un periodo del Medioevo caratterizzato dal governo locale dei Comuni. Interessò principalmente l'Italia settentrionale e centrale, ma anche altre aree d'Europa con caratteristiche diverse.

2. Il comune medievale:

  1. Era una struttura politica che tutelava gli interessi degli abitanti di una città, spesso in opposizione al sovrano o signore della città.
  2. Distinto dall'uso moderno del termine “comune”, era un'istituzione politica e organizzativa.

3. Origine e sviluppo dei comuni:

  1. Ebbero origine in Italia settentrionale e centrale alla fine dell'XI secolo, poi si svilupparono in alcune regioni della Germania, Francia e Fiandre.
  2. Il fenomeno si esaurì in Italia verso la fine del XIII secolo e l'inizio del XIV secolo, con l'emergere di nuove classi sociali e forme di governo.

4. Cause della nascita dei comuni:

  1. Incremento demografico dell'anno Mille portò alla formazione di nuovi centri urbani.
  2. Necessità dei nuovi ceti urbani di liberarsi dai vincoli feudali e dall'autorità imperiale.
  3. l'Indebolimento del potere imperiale permise lo sviluppo dei comuni in alcune zone d'Europa, come il nord-Italia.

5. Situazione nel sud Italia:

  1. Il Regno dei Normanni nel XII secolo, con istituzioni feudali forti e un governo centralizzato, impedì la formazione di comuni nell'Italia meridionale. Le città del sud Italia non poterono svilupparsi come quelle del nord.

6. Organizzazione politica dei comuni:

  1. Governo del Comune affidato a un Consiglio generale cittadino che eleggeva magistrati, detti consoli.
  2. I consoli erano inizialmente rappresentanti del vescovo, con funzioni provvisorie per risolvere problemi contingenti.
  3. Evoluzione della struttura comunale con la fase podestarile, in cui il podestà era un funzionario professionista con compiti amministrativi.
1)
Carlo Capra, Giorgio Chittolini, Franco Della Peruta, Storia Medievale, Firenze, Le Monnier, 1995, p. 334
volume_1/comuni/l_eta_comunale.txt · Ultima modifica: 2024/10/22 16:41 da luca